Shozo Shimamoto nel giallo

di AM, NDSL

©AC

 

La performance dell’artista Giapponese Shozo Shimamoto, ultima in Italia negli eventi che lo hanno coinvolto a Reggio Emilia, nasce e parte da un atto millenario che l’essere umano compie tutti i giorni in diversi ambiti. Non è un’azione ironica, oppure atta a prendere in giro le persone o gli ambienti, come qualcuno che non conosce potrebbe pensare e subito emulare davanti a qualcosa, bensì una rappresentazione artistica non violenta e intelligente all’interno della pittura di azione e di movimento.

A dieci anni dalla morte, il video omaggio. Da Reggio Emilia, 2011, dal vivo le sue ultime performance in Italia. Denominata Ashiya 1956, fu una rappresentazione artistica non pesante, non cattiva e non rabbiosa, che utilizzava il colore giallo e una scopa di saggina. Una performance privata per pochi amanti dell’arte.

Dal movimento Gutai di Jirō Yoshihara, al suo modo di avvicinarsi all’action painting a livello mondiale: 嶋本 昭三 Shozo Shimamoto (Osaka, 22 gennaio 1928 – Osaka, 25 gennaio 2013).

Da un’intervista del critico e curatore d’arte dr Alain Chivilò, due domande a Shozo qui riprese.

NB:  © Alain Chivilò – Art Musa

Una sua frase: “liberare il colore dal pennello”. Cosa significa?

Io voglio staccare il colore dal pennello per liberarli entrambi. Il concetto è questo. Assieme si influenzano, quindi per liberarli l’unica cosa è quella di non usare il pennello.

Il lancio di bottiglie piene di colore è la tecnica che più caratterizza il suo lavoro. Quali sono le motivazioni che la spinsero a questa soluzione?

I giovani artisti Gutai che si erano raggruppati attorno a Jiro Yoshihara volevano portare in una direzione nuova il lavoro fatto dai maestri calligrafi (in particolare da Nantenbo). Nei caratteri scritti da Nantenbo si trovavano “nijimi: sfumature/sbavature”, “kasure: sbiadimenti”, “tobichiri: schizzi/spruzzi” e “tare: gocciolature” ed altri effetti che non erano esprimibili con la pittura ad olio di quel tempo. Kazuo Shiraga cominciò a disegnare con i piedi stando sospeso ad una corda fissata sul soffitto, Saburo Murakami aprì buchi saltando e squarciando in volo grandi fogli di carta precedentemente fissati su dei telai. Io, che ero fisicamente debole se confrontato con loro due, pensai di lanciare il colore in bottiglie o a farlo esplodere con un cannone. E’ da tanto che produco opere mediante lancio di bottiglie. Lanciare con violenza, con dolcezza, impiegare una tela grande o piccola, sono tutte delle varianti. Cerco anche di soddisfare le eventuali richieste degli organizzatori o di adattare i contenuti della performance allo scenario. Penso che il lancio di bottiglie come metodo di pittura sia ancora adesso una forma di studio dell’ignoto. Trovo stimolante più di ogni altra cosa il fatto che si materializzi l’espressione di un quadro imprevedibile. Il significato più grande di questo fenomeno potrebbe proprio essere zen. Tuttavia, anche adesso sono in cammino e per questo non bisogna pensare che io abbia raggiunto l’illuminazione.

Ulteriori approfondimenti nel video: Shozo Shimamoto | Ashiya 1956

 

 

di Alain Chivilò

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