Cinzia Bulone ricercatrice
di Alain Chivilò
©Alain Chivilò
Fascino sommerso per emozioni e ritratti di vita. Dalla razionalità fino alla passione, per traiettorie continentali ricche di connessioni e reciprocità. Il critico e curatore d’arte dr Alain Chivilò fa ritornare nella Regione Siciliana la pittrice Cinzia Bulone proprio nella città natia di Agrigento, attraverso momenti onirici ricevuti dalla sua produzione artistica.
Dopo un percorso sinergico quinquennale, caratterizzato da tre fondamentali eventi espositivi, Alain propone per la prima volta quattro domande a Cinzia per momenti personali di vita. Alcuni spunti da trarre per il lettore inerenti il suo essere arte e personalità femminile.
All’interno della sua produzione artistica esistono molteplici significati che asconde e disasconde.
L’attuale mia espressione artistica è caratterizzata da una mia precisa volontà di mantenere nascosta la concretezza e l’espressione individuale della vita, portando però in superficie le ripercussioni che la concretezza ha sulla vita stessa dell’essere umano, ripercussioni che delle volte accelerano, altre volte ostacolano, la ricerca incessante di un bene profondo e segreto che alberga in ogni individuo: nascondere la causa evidenziandone l’effetto.
Che tipo d’ispirazione per le sue opere trae dalla quotidianità?
Il quotidiano determina e detta, nella mia ricerca pittorica, il punto di partenza o anche la scelta del sentiero che conduce all’universo interiore, dove risuona come un’eco lontana e rivelatrice. E’ un impulso imprescindibile nell’esprimere il respiro dell’anima collettiva. Se pur ci muoviamo come individui divisi, nella nostra unicità, è pur vero che scorriamo nella storia come popolo di un’epoca.
Libri e opere del passato. Un libro o almeno due libri che le hanno ispirato con vigore le sue creazioni?
Quando dipingo, mi impongo di dimenticare ogni mio sapere, sia esso visivo che cognitivo. Mi sforzo di trovare un linguaggio personale. La lettura di un libro mi ha suggerito il metodo per arrivare a questo. E’ un bellissimo libro scritto nel XIV secolo da un anonimo scrittore inglese. Il suo titolo è “La nube della non-conoscenza”. Scritto mistico che suggerisce il percorso di svuotamento di ogni forma di conoscenza per giungere alla percezione di Dio. Ed io, pur non essendo una mistica, ne ho apprezzato l’insegnamento che conduce anche alla conoscenza ardua dell’io, di quell’io umano spogliato di tutte le molteplici sovrastrutture in cui spesso rimane imbrigliato. Altro libro particolarmente caro è “La montagna incantata” di Thomas Mann. Il vero viaggio di Hans Castorp per me è nel sanatorio. Un viaggio dall’apparente immobilità ma che trasforma radicalmente la sua esistenza.
Un’opera d’arte o almeno due che le attraggono maggiormente dal panorama storico passato?
Ogni espressione artistica di talento attrae l’anima che le si avvicina, esprime indiscutibilmente l’uomo del suo tempo. Pur tuttavia, sono particolarmente attratta dalle opere di Vincent van Gogh, Marc Chagall e Lucian Freud per la potenza emozionale che da esse trapela.
di Alain Chivilò